UN 25 APRILE DI REGIME di Fronte del Dissenso

E così sono ottanta. Anche quest’anno il 25 aprile è passato, con una coda di polemiche che ormai ricordano quelle che seguono il Festival di Sanremo. Roba da talk show, insomma. Da gioco delle parti di una politica senza argomenti, senza profondità, senza lo sguardo lungo della storia. Roba poco seria, non giriamoci attorno.

Non sappiamo se le celebrazioni di quest’anno siano state “sobrie”, come richiesto da un governo incommentabile. Sappiamo, però, che sono state vuote, retoriche quanto distanti dalle questioni e dai drammi del presente. Si può essere antifascisti e guerrafondai ad un tempo? Si può festeggiare la liberazione, approvando al contempo il riarmo europeo? Evidentemente sì, sennò le piazze non sarebbero state consegnate a certi personaggi, certi sindaci, certi sindacalisti, certi presidenti di Regione, certi partiti.

Giusto per fare un esempio, è tollerabile sentir dire che è “sempre tempo di Resistenza” da un Presidente della Repubblica turbo-atlantista? Uno che fu vicepresidente del Consiglio di quel governo D’Alema che bombardò la Jugoslavia? Giudicate voi. Sta di fatto che, se la retorica è sempre stata insopportabile, oggi lo scarto tra certi discorsi del 25 aprile e la politica di ogni dì è davvero urticante.

Dice, ma la politica quale? Quella del regime. Ma il regime quale? Quello bipolare, che è l’unico che esiste, e che incorpora tanto la destra (post-fascista, lego-sfascista e liberal-liberista), quanto il centrosinistra nelle sue varie declinazioni, sinistra transgenica anzitutto. Due facce della medaglia dello stesso sistema di potere, di cui (vedi le votazioni su riarmo e Ucraina al parlamento europeo) è ben difficile dire quale sia la peggiore.

Ma non è finita qui, perché – miracoli di un certo “antifascismo” – il 25 aprile riesce spesso ad aggregare all’orrido carro bipolare di cui sopra, pure quelli che dovrebbero starsene fuori. Almeno, negli anni ’70 le forze antagoniste festeggiavano il 25 aprile in modo alternativo alle celebrazioni ufficiali! E così si è continuato per tanto tempo. Adesso, che di quella distinzione vi sarebbe più bisogno che mai, prevale invece la tendenza ad intrupparsi.

A noi fa sinceramente specie vedere certi “antagonisti” in coda ai cortei ufficiali. Certo, magari stanno lì a gridare slogan più duri, “antifascistissimi”, magari (vivaddio!) a favore della Palestina, ma pur sempre lì dietro i caporioni locali o nazionali del regime. Quando si dice la subalternità!

Anpi e Cgil, tanto per dirne una, erano in piazza il 15 marzo scorso (solo quaranta giorni fa!) a tessere le lodi di quella Ue che è oggi l’avanguardia guerrafondaia e russofoba dell’occidente: come si fa ad accodarsi a costoro? Non sarebbe stato meglio organizzare eventi e manifestazioni alternative?

Verrà un giorno in cui il 25 aprile si potrà parlare davvero di lotta di liberazione: quella del 1943-45, con i suoi eroismi ed il contributo decisivo all’uscita dal buio ventennio fascista, e insieme a quella la lotta per la liberazione di cui c’è bisogno oggi, per uscire da un sistema sempre più oppressivo ed autoritario e da un’altra occupazione, esattamente quella iniziata nel 1945 e proseguita con il trattato Nato e la gabbia dell’Ue. Tutti temi rigorosamente banditi dall’attuale “antifascismo” da operetta, gestito dal sistema e somministrato dai media. Quando verrà quel giorno, saremo sulla giusta strada. 

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