L’OCCIDENTE GETTA LA MASCHERA di Leonardo Mazzei

Le elezioni vanno bene solo se vincono i “nostri”, altrimenti le trucchiamo (Moldavia), le raggiriamo (Francia), le contestiamo violentemente (Georgia), le annulliamo (Romania).

La sequenza di atti brutalmente antidemocratici si allunga ogni giorno di più. Non sempre si può fare come in Moldavia. Qui, nel piccolo paese racchiuso tra la Romania e l’Ucraina, sono bastati i brogli a rovesciare di misura (50,3%) l’esito del referendum del 20 ottobre per l’adesione all’Ue. Ma i brogli dei filo-occidentali vanno bene alla nostra stampa, a differenza di quelli immaginari attribuiti alle forze filo-russe. A volte il mondo va davvero al contrario.

Altrove le cose sono andate peggio per il blocco neoliberista, globalista, europeista ed antirusso. Questo blocco, raccolto attorno all’Ue ed alla Nato, è il nocciolo duro del sistema. Quello che controlla l’informazione mainstream, sempre pronta a gridare al complotto russo. Piccola digressione: ma non avevano detto che la Russia era ormai alle corde, incapace perfino di badare a sé stessa! E com’è che oggi sarebbe così potente da poter influenzare gli elettori di buona parte del Vecchio Continente? Misteri del complottismo di regime.

Ma veniamo ai fatti. Il 26 ottobre scorso (quasi in contemporanea con le vicende moldave), si svolgevano le elezioni politiche in Georgia. Ne usciva vincitore con il 53,9% (89 seggi su 150) il partito “Sogno Georgiano”, guidato da Irak’li K’obakhidze. Contro questa vittoria si è scatenata la canea delle forze europeiste ed antirusse, con ripetute manifestazioni di piazza in pieno stile Euromaidan (Ucraina 2014). Il bello è che “Sogno Georgiano” è un partito liberale, da sempre filo-occidentale e favorevole all’ingresso nell’Ue. Qual è dunque la sua colpa attuale? Semplice, gli ucraini e la Nato speravano che la Georgia aprisse addirittura un altro fronte contro Mosca. I georgiani non ne hanno voluto sapere e da allora “Sogno Georgiano” viene etichettato come filo-russo ed antieuropeista.

Da qui il ricorso alla piazza. Ma lorsignori hanno in Georgia una loro degna rappresentante anche nelle istituzioni, la presidente Salomé Zourabichvili, tipico esempio dell’infiltrazione occidentale nei paesi dell’Europa orientale. Costei, da cittadina francese, ha fatto l’ambasciatrice di Parigi a Tbilisi dal 2003. Poi, con decisione congiunta franco-georgiana, ottiene la cittadinanza del paese caucasico giusto per assumere il dicastero degli Esteri nel 2004. Nel 2018 diventa presidente proprio con l’appoggio di “Sogno Georgiano”. Ma la guerra cambia tutto, ed oggi non solo sostiene la piazza aizzata dall’occidente, non solo grida ai brogli, ma annuncia che alla scadenza del suo mandato (tra pochi giorni) non se ne andrà. Quando si dice il rispetto dei valori della democrazia occidentale!

Dopo la Moldavia e la Georgia arriva, infine, la Romania. Qui i fatti sono ancora più clamorosi. Con una decisione senza precedenti la Corte costituzionale di Bucarest ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali tenutosi il 24 novembre scorso. Un annullamento che ha comportato automaticamente la cancellazione del secondo turno, che avrebbe dovuto svolgersi domenica 8 dicembre. In Romania siamo di fronte ad un vero e proprio colpo di stato, giustificato si fa per dire – con presunte interferenze russe nella campagna elettorale. Un’accusa risibile, indimostrata, che se la si volesse prendere sul serio porterebbe all’annullamento di ogni elezione a qualunque latitudine. Le elezioni non si svolgono mai in una campana di vetro. Ovvio, dunque, che esse risentano del clima del momento, delle dichiarazioni dei vari soggetti interni ed esteri, della propaganda di ogni tipo. E con i mezzi che utilizza abitualmente il blocco dominante occidentale, ci vuole davvero una bella faccia tosta a prendersela coi russi!

Il fatto è che alla vigilia del ballottaggio (la decisione della Corte è arrivata solo il 6 dicembre) ci si è resi conto della probabile vittoria di Calin Georgescu, un candidato indipendente prontamente etichettato come filorusso e di estrema destra. E così non si sa neppure quando potranno svolgersi le prossime elezioni, che peraltro la Corte costituzionale potrebbe annullare all’infinito fino alla vittoria di un candidato gradito dall’Ue e dalla Nato. Gongola ovviamente l’attuale presidente Klaus Iohannis, europeista ed atlantista a 360 gradi, che resterà in carica chissà fino a quando.

Con la vicenda romena l’Occidente ha così definitivamente gettato la sua maschera democratica. Non solo i media non hanno nulla da obiettare sul golpe di Bucarest, non solo si evita di rilevare la natura squisitamente politica dell’intervento della Corte, ma si esige ormai apertamente la cancellazione del voto quando lorsignori prevedono di perdere, chiedendone quindi minacciosamente la ripetizione laddove le cose siano andate male per loro, come in Georgia. Per chi ancora avesse dei dubbi citiamo dall’Ansa quanto dichiarato dal gruppo del PPE al parlamento europeo. Secondo questi grandi democratici la Georgia deve “ripetere le elezioni parlamentari entro tre mesi e con l’aiuto dei partner democratici della comunità internazionale”. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Adesso qualcuno potrebbe pensare che il problema ci sia, ma solo ad est. Non è esattamente così. Ce lo dimostra la vicenda francese. Alle elezioni legislative del luglio scorso Macron ha subito una pesantissima batosta, che ha fatto seguito a quella precedente delle elezioni europee. Eppure, grazie ad un sistema istituzionale presidenzialista e maggioritario Macron è sempre lì e fa la voce grossa.

Abbiamo parlato della Francia in diverse occasioni, ma qui ci interessa mettere in luce la piega che stanno prendendo le cose adesso. Rivolgendosi al Paese in diretta tv, dopo le dimissioni del governo Barnier, Macron ha detto che nulla e nessuno lo smuoverà dal suo posto, esattamente come il signor Iohannis in Romania e la signora Zourabichvili in Georgia. Gli elettori lo hanno ripetutamente sfiduciato? Bene, il torto è loro ed il loro voto non conta, tanto che ha etichettato la destra di Le Pen e la sinistra di Mélenchon come “fronte anti-repubblicano” da mettere sostanzialmente al bando.

Ancora più grave ed inquietante la conclusione del suo discorso: “La mia responsabilità consiste nel garantire la continuità dello Stato, il buon funzionamento delle nostre istituzioni, l’indipendenza del nostro Paese e la protezione di tutti voi”. Solo cose di buon senso?  Scordatevelo. Quelle parole non sono state scelte per caso.

I principi della continuità dello Stato, del funzionamento delle istituzioni e dell’indipendenza della Francia (oggi non si capisce minacciata da chi), sono esattamente quelli citati nel micidiale articolo 16 della Costituzione francese. Quello che in determinate circostanze consente l’attribuzione di poteri eccezionali al Presidente della Repubblica. Quello che negli anni ’70 fu messo in discussione, tant’è che Mitterand lo avrebbe dovuto abrogare, ma che invece è sempre lì. Giusto per prendere tempo, e per far intanto approvare una legge di bilancio tremendamente austeritaria, in questi giorni Macron tenterà la formazione di un nuovo governo. Se fallirà, il prossimo passo potrebbe essere proprio quello della proclamazione dello stato d’eccezione.

Esageriamo? Chi vivrà vedrà. Ma i tempi che viviamo sono questi, come ci dimostrano le vicende dell’est europeo di cui abbiamo parlato. La guerra chiama lo Stato d’eccezione, dunque la sospensione anche formale dello Stato di diritto. E la difficoltà della cupola occidentale, guerrafondaia ed oligarchica, aumenta al cubo questi pericoli. Chi ancora crede ad un rapido ritorno alla “normalità” pre-bellica, si illude di brutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *