Mentre volentieri pubblichiamo questo disperato appello dei palestinesi in Italia, giungono ora da Gaza notizie drammatiche. Violenti nubifragi stanno martoriando la popolazione gazawi, strade impraticabili, rifugi allagati, tende divelte, mentre i sionisti non solo bloccano gli aiuti ma continuano a colpire…
«Dopo ventisei mesi di genocidio israeliano contro la Striscia di Gaza, che ha provocato una distruzione totale e ancora in corso, le società europee si sono mobilitate chiedendo la fine delle ostilità, lo stop al genocidio e la realizzazione della sicurezza per il popolo palestinese.
Nonostante le tregue di scambio di prigionieri e gli accordi per un cessate il fuoco temporaneo, il governo di Netanyahu non ne ha mai rispettato una, compresa quest’ultima mediata dal presidente statunitense Donald Trump.
L’esercito israeliano continua infatti a violare quotidianamente l’accordo di cessazione delle ostilità, impedendo l’ingresso degli aiuti essenziali e mantenendo i valichi chiusi in entrambe le direzioni, aggravando ulteriormente la sofferenza dei civili.
Per quanto riguarda il cosiddetto “Consiglio per la Pace” annunciato dal presidente Trump, posto sotto la sua supervisione diretta e accompagnato da un evidente trasferimento di competenze dalle Nazioni Unite all’amministrazione statunitense, i palestinesi temono che si trasformi in una nuova forma di tutela internazionale sulla Striscia di Gaza. Tale progetto viene percepito come un meccanismo che faciliterebbe le restrizioni imposte da Israele e perpetuerebbe il blocco in vigore dal 2007, indebolendo la capacità dei palestinesi di gestire i propri affari, in una riproposizione dello spirito del mandato britannico che favorì la nascita delle milizie sioniste e la conseguente espulsione del popolo palestinese.
Le fazioni palestinesi hanno espresso un rifiuto categorico del progetto del “Consiglio per la Pace” e della tutela statunitense, affermando che la soluzione risiede in un consenso palestinese per formare un governo tecnico nazionale incaricato di amministrare la Striscia di Gaza, guidare la ricostruzione e lo sviluppo e operare con pieni poteri senza alcuna forma di tutela esterna.
I palestinesi temono inoltre che questa forma di tutela venga replicata successivamente anche in Cisgiordania, il che significherebbe di fatto l’eliminazione del progetto di uno Stato palestinese indipendente, soprattutto alla luce dell’accelerazione delle attività di colonizzazione, della confisca delle terre, dell’estirpazione degli ulivi e della demolizione di case e strutture agricole e industriali in Cisgiordania e a Gerusalemme, oltre all’espansione continua degli insediamenti. Inoltre, l’ipotetica apertura del valico di Rafah in una sola direzione significherebbe soltanto permettere l’uscita dei cittadini da Gaza, senza consentire il ritorno di coloro che sono in Egitto e attendono di ricongiungersi alle proprie famiglie.
Le condizioni degli sfollati nella Striscia di Gaza rimangono tragiche con l’arrivo dell’inverno, in assenza di tende, materassi e beni di prima necessità. Le organizzazioni della società civile cercano di soddisfare quanto possibile i bisogni urgenti, ma le risorse restano insufficienti. Per quanto riguarda i dispersi e coloro che si trovano ancora sotto le macerie, gli sforzi per recuperarli sono ostacolati dalla mancanza di attrezzature e dalla suddivisione della Striscia in zone militari — gialle, blu, rosse e altre — che rendono impossibile l’accesso a molte aree.
Chiediamo pertanto alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite di adempiere ai propri obblighi legali e umanitari, di fermare le politiche di assedio e trasferimento forzato, di proteggere i civili e lavorare concretamente per ripristinare la stabilità nella regione».
Mercoledì 10 dicembre 2025
Associazione dei Palestinesi in Italia (API)
