PARLAMENTO: IL DISCORSO DI MAZZEI SULLA FINANZIARIA

Il discorso dell’opposizione che non c’è

Come ogni autunno questo è tempo di finanziaria, alias Legge di Bilancio. Il rito, sempre più stanco, si compone di tre atti: due nel Palazzo, uno nelle piazze adiacenti. Il primo atto lo compie il governo, presentando immancabilmente un bilancio austeritario, ossequioso verso i dogmi euristi, ma sempre annunciato come vicino al popolo. Il secondo compete al parlamento, che – senza grandi distinzioni tra le forze di maggioranza e quelle della finta opposizione – inizia a discutere e ad accapigliarsi su cose di secondaria importanza, spostando così l’attenzione dai problemi di fondo. Il terzo atto spetta invece alla piazza, solitamente alle organizzazioni sindacali. Atto rispettabile, e potenzialmente perfino importante, ma sempre più logoro nella sua ripetitività, pari solo alla sua inefficacia.

Quel che manca è invece un vero discorso di opposizione. Un’opposizione effettiva, decisa e conseguente, dunque capace di mobilitare. Ma soprattutto un’opposizione in grado di andare alla radice delle questioni, per poi proporre un’alternativa forte e credibile. Cosa dovrebbe dire in parlamento, e soprattutto al Paese, questa nuova opposizione di fronte alla quarta finanziaria targata Meloni?

Più o meno quel che segue.

Onorevoli colleghi, c’è ben poco di onorevole nella discussione che state facendo. Se la proposta del governo è il nulla della mera conservazione, disonorevolissimo è il dibattito che ne è seguito. Quel nulla, che è uno schiaffo ai milioni di italiani che soffrono, ha delle cause ben precise che bisogna chiamare per nome.

Queste cause si chiamano Unione europea, neoliberismo e guerra.

L’UE è allo sbando, ma il governo continua ad obbedire ai suoi diktat austeritari! Anzi, obbedisce ora più di prima, vantandosi di aver fatto i “compiti a casa” come un Monti qualsiasi. Ma non dovevate essere sovranisti? Noi non siamo stupiti delle vostre giravolte, ma voi dovreste spiegarle agli italiani che vi hanno creduto. Invece, niente! Tutti dietro a Giorgetti, l’amicone di Draghi e dei banchieri. Un tempo qualcuno di voi considerava una mostruosità il dogma del 3% nel rapporto deficit/Pil. Oggi il ministro dell’Economia annuncia il 2,8% nel 2026, per arrivare poi al 2,3% nel 2028. Austerità al cubo, e voi siete felici! Poi chissà perché non si trovano risorse per la sanità, la scuola, le pensioni…

I danni del neoliberismo e dell’annessa globalizzazione sono sotto gli occhi di tutti, ma voi continuate a muovervi dentro quell’ideologia perversa. Il mercato ha fallito, ma voi continuate a dire: mercato, mercato, mercato! La verità è che non sapete dire e pensare altro. Eppure, il sistema si è inceppato a tal punto da generare la guerra. Il mito della crescita si alimenta ormai di droghe leggere (vedi il 110% o il Pnrr, giusto per stare a casa nostra) e soprattutto pesanti, come il riarmo e l’intelligenza artificiale. Droghe pesanti che disegnano un futuro terribile e distopico, ma su questo siete muti come pesci.

Quella sorta di “ministra degli Esteri” che l’UE si è data, l’estone Kaja Kallas, ha dichiarato che “dobbiamo prepararci alla guerra”. Al di là delle trovate propagandistiche di Salvini, che durano normalmente lo spazio di un mattino, cosa ha da dire in proposito il governo? Evidentemente non ha nulla da obiettare, visto che il riarmo è l’unico settore in cui si prevede di spendere di più nei prossimi anni (+38% al 2028 rispetto ad un 2025 che ha già registrato un aumento del 7,2%). Un incremento drammatico, pari a 12 miliardi all’anno nel 2028. Ma ancora nulla rispetto all’obiettivo fissato per il 2035, che il governo ha tranquillamente sottoscritto, e che prevede un amento annuo delle spese militari superiore di 70 miliardi rispetto ad oggi. Settanta miliardi da spendere in più tutti gli anni per la guerra!

E voi ci venite a parlare delle briciole destinate alla sanità… Meno di 2 miliardi e mezzo per il 2026, meno ancora per gli anni a venire, visto che si prevede una spesa sanitaria in ulteriore calo in rapporto al Pil, dal 6,1% del 2025 al 5,9% del 2028. E pensare che solo nel 2010 eravamo al 7,0%. In termini reali questo significa un taglio effettivo di 25 miliardi all’anno! Un’autentica catastrofe sociale che continuate ad alimentare. E questo mentre i bisogni sanitari di una popolazione che invecchia aumentano…  

La vostra è dunque una finanziaria di guerra. Inutile giraci attorno. Ma la vostra è anche una guerra sociale. Guerra a chi ha redditi più bassi, con il no al salario minimo e con un sistema fiscale sempre meno progressivo. Guerra ai lavoratori più anziani che si vedono aumentare l’età pensionabile, altro che superamento della Fornero! Guerra ai lavoratori più giovani, sempre più ingabbiati nei meccanismi della precarizzazione. Guerra ai pensionati, con aumenti irrisori delle pensioni minime.

Tiriamo allora una prima conclusione. La vostra politica è quella della conservazione. Conservazione e rafforzamento dei privilegi sociali in primo luogo. L’appiattimento incostituzionale delle aliquote Irpef è il simbolo di questa politica, e quest’anno avete avuto la faccia tosta di introdurre una modifica dell’Irpef a tutto vantaggio dei redditi superiori ai 50mila euro! Questa è la quarta finanziaria targata dal duo Giorgetti-Meloni, e la direzione di marcia è sempre la stessa: austerità crescente, sebbene mascherata da una propaganda assordante; rinuncia ad ogni politica economica anticiclica, dunque ad ogni intervento strutturale in nome dell’ideologia mercatista; tutela degli interessi della classe dominante, delle banche e dei grandi poteri economici.

Vogliamo fare degli esempi su quest’ultimo punto? Facciamone due: quello delle banche e quello dell’energia.

Sulle banche vi vantate della modesta richiesta di un loro aiutino alla vostra manovra. Aiutino concordato con loro aspettiamo quando concorderete i tagli alla spesa pubblica con i lavoratori, i pensionati, la povera gente! –, e (come sempre) aiuti certamente a buon rendere. Sta di fatto che nel 2024 le banche hanno registrato utili per 46,5 miliardi (+14% sul 2023). Utili pari al 34% dei ricavi, ma previsti ancora in crescita al 36% nel 2026. Una percentuale da fare invidia al traffico di droga, peraltro conseguita con rischi ben minori…

Si tratta di un autentico furto, ottenuto oltre che con l’aumento costante delle commissioni – con un differenziale pazzesco tra tassi attivi e tassi passivi. Un differenziale che i governi (non solo quello attuale) accettano ormai da tanti anni, in barba all’art. 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio.

Sapete bene di cosa stiamo parlando! La somma delle capitalizzazioni di Borsa di UniCredit, Intesa Sanpaolo e Bpm è passata dai 56 miliardi del 2020 ai 140 miliardi del 2024. Un +150% esatto, che è andato ad ingrassare gli azionisti a danno delle famiglie che hanno mutui e risparmi. Come si concilia tutto questo con la lettera e lo spirito degli artt. 41 e 42 della Costituzione?

Un intervento su questo furto bancario varrebbe dieci volte l’insieme delle misurette di questa vostra insulsa finanziaria!

Passiamo all’energia. Sapete tutti come l’aumento del prezzo del gas sia legato alla folle rottura con la Russia. Un prezzo della guerra che avete imposto agli italiani, pagato soprattutto dalle fasce a basso reddito. Inutile che facciate finta di dimenticarlo! Ma c’è dell’altro. L’altra faccia dei sacrifici imposti alle famiglie italiane con i prezzi in bolletta sono i giganteschi utili delle compagnie energetiche, basti pensare ai 7 miliardi di utili netti dell’Enel ed ai 6,4 miliardi dell’Eni nel 2024.

Da anni si parla di sganciamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Se ne parla, ma non si fa! Eppure, sarebbe semplice. Basterebbe cambiare il meccanismo delle quotazioni nella Borsa elettrica in sede di offerta. Un meccanismo assurdo, che consente ai grandi produttori di energie rinnovabili di ottenere un prezzo anche dieci volte superiore a quanto loro stessi hanno offerto. Questo perché il meccanismo attuale – una autentica truffa su cui tacete! – applica a tutti i produttori il prezzo marginale dell’asta, dunque quello più alto, normalmente offerto da chi brucia gas nelle sue centrali.

La conseguenza di questa porcheria, figlia degenere ma purtroppo legittima della liberalizzazione del 1999 targata Bersani (altro che mucca nella stanza!), ce la spiega un recente studio di Althesys, le cui conclusioni riportiamo testualmente dal Corriere della Sera: «Se i prezzi del mercato elettrico si basassero sulle quotazioni fatte in sede di offerta (pay as bid) e non sul meccanismo del prezzo marginale come invece avviene, l’energia in Italia costerebbe quasi un terzo». Più esattamente, lo studio specifica che nel 2024, applicando il cosiddetto pay as bid (ciò pagando le compagnie produttrici in base a quanto esse stesse hanno offerto, come parrebbe normale…), il Pun (prezzo unico nazionale) sarebbe stato mediamente di 40 euro al megawattora e non di 108 euro come invece è stato.

Perché non si interviene su questo furto, reso legale solo dalla colpevole inerzia di chi è al governo? Inutile dire, anche in questo caso, come un taglio alle bollette del 60% gioverebbe alle famiglie italiane dieci volte di più delle vostre pelose elemosine. E gioverebbe pure all’industria nazionale. Ma, guarda caso, tutto questo non solo non si fa, ma neppure si discute. Vergogna!

Come si risponde a tutto ciò? Cosa contrapporre a questa politica? La finta opposizione a guida Pd non ha vere proposte. Del resto, come potrebbe averle? Come potreste averle, cari deputati del Pd, di M5s, di Avs? Come potreste averle senza mettere in discussione il dogma dell’adesione all’Unione Europea e a quel disastro chiamato euro? Non potreste averle e difatti non le avete.

A poco serve lamentarsi della povertà del lavoro se non se ne capiscono le cause. I dati ufficiali ci dicono che i salari reali italiani sono più bassi dell’8% rispetto al 2008, mentre nello stesso periodo quelli tedeschi sono cresciuti del 15%. Bassa anche la crescita tedesca, beninteso, ma cosa dire di questo differenziale del 23%? E’ dipesa solo dai governi? Bene, se così fosse la colpa sarebbe anche vostra, visto che alternativamente siete stati tutti al governo in questi 17 anni. Ma è chiaro che c’è un problema di fondo, che si chiama svalutazione interna. Quella svalutazione che la moneta unica ha imposto ai salari ed alle pensioni degli italiani. Del resto, non fu proprio il vostro amato Monti quello che ammise candidamente di lavorare per distruggere la domanda interna? Quando deciderete di ammetterlo?

La verità è che in base alla vostra religione eurista dovreste perfino ringraziare Giorgetti, visto che ci sta portando nel bel mondo del rigor mortis della piena attuazione del Patto di stabilità. E invece cosa fate? Contestate il governo – giusto, ci mancherebbe! – ma senza affrontare le cause di fondo di una finanziaria senza anima e corpo. Probabilmente la manovra economica più insipida dall’unità d’Italia, in termini quantitativi la più insignificante dai tempi del re degli insignificanti, quell’Enrico Letta che ben conoscete!

La verità è che non potete lamentarvi neppure dell’aumento delle spese militari, visto che la maggioranza di voi approva la guerra alla Russia, vistata pure da una serie di ignobili risoluzioni del parlamento europeo con il voto favorevole di tanti vostri colleghi di partito. Lo sappiamo, non tutti hanno votato a favore di quelle dichiarazioni di guerra. Giusta distinzione, ma questo vale anche per altrettanti parlamentari europei delle forze di maggioranza. Segnali da accogliere con favore, ma che nulla incidono sugli orientamenti e soprattutto sulle scelte di fondo: quelle europee e quelle nazionali.

Ma torniamo alle questioni economiche. Non solo non si vogliono affrontare i dogmi sui quali si è fondata l’assurda costruzione europea, ma abbiamo una finta opposizione che è ancora imbevuta delle ricette neoliberiste. Ecco allora il silenzio sostanziale sull’appiattimento del prelievo fiscale, quello sulla necessità di andare ad intaccare i profitti, quello sull’esigenza di nazionalizzare il sistema bancario ed i settori strategici dell’economia.

Ecco, in definitiva, l’assenza di proposte macroeconomiche. Ecco perché si privilegiano i mini-emendamenti, magari talvolta anche giusti ma sempre su questioni di secondaria importanza. Esattamente lo stesso atteggiamento dei partiti di maggioranza, dove ognuno punta ad intestarsi qualcosa: Forza Italia la tutela degli azionisti, la Lega un condono purchessia, Fratelli d’Italia si vedrà solo all’ultimo.

C’è solo un tema di cui si parla, ma in maniera generica e senza vere proposte in campo: la patrimoniale. Che si tassino i grandi patrimoni va benissimo, ma senza un radicale progetto di cambiamento resterà solo la propaganda. Dove ognuno giocherà la sua solita partitella acchiappavoti. Certo, questa discussione ha avuto almeno il pregio di portare allo scoperto il governo. Commentando il voto sulla “Legge Zucman” in Francia, la signora Meloni ha avuto il coraggio di dire che in Italia, finché ci sarà lei al governo, le tasse non aumenteranno. Già, ma quali tasse? Quelle degli ultra-ricchi, ovviamente.

La Legge Zucman colpiva solo i patrimoni oltre i 100 (cento) milioni di euro. I soggetti colpiti sarebbero stati solo 1.800 (milleottocento), ma quella legge non è passata per il no dei macroniani e del Rassemblement National di Marine Le Pen. Ed in Italia Meloni ha subito applaudito. Altro che destra “populista”! Qui abbiamo semmai una destra dei paperoni e degli oligarchi! Che si preoccupa di tutelare i miliardari e le multinazionali, mentre nell’ultimo anno la pressione fiscale sugli italiani è cresciuta dal 41,4% al 42,6% del Pil, colpendo sia i lavoratori dipendenti che gli autonomi.

Ma la ricchezza è ormai un tabù, mentre la povertà deve diventare sempre più una colpa. E’ questo il vero scandalo! Lasciate perdere per un momento i tecnicismi, che la tecnica segue sempre la politica. La realtà è che non volete – nessuno qui lo vuole veramente – affrontare le ragioni di tanta disuguaglianza. Se così non fosse, almeno il maggior partito della finta opposizione dovrebbe formulare una proposta precisa in materia. Invece non lo fa: ci sarà pure un motivo!

Allora proviamo a dire qualcosa noi, in rappresentanza dell’opposizione che non c’è. Che volete infatti senza parola, senza diritti, senza rappresentanza. La disuguaglianza è fatta di tante cose. Di sfruttamento, innanzitutto. Una parola bandita in quest’aula come nei media al vostro servizio. Eppure, è l’altra faccia dei bassi salari. Sarebbe ora di smetterla con l’ipocrisia che finge di non vedere questa realtà.

Dice, ma voi cosa fareste? Ve lo diciamo subito: via la precarietà, con l’abolizione di tutte le leggi che l’hanno imposta dal “pacchetto Treu” di Prodi al “jobs act” di Renzi; via le regole concertative sulla contrattazione salariale; reintroduzione della scala mobile su salari e pensioni. Ma soprattutto – condizione necessaria a tutto ciò – via dall’Unione Europea mangia-salari, mangia-pensioni, ma anche mangia-partite Iva e piccola imprenditoria.

L’uscita da sola non basterebbe, certo. Ma senza ci si riduce a discutere i dettagli di manovre imposte da signori che nessuno ha eletto. Almeno questo, almeno un po’ di dignità dovrebbe scuotere il vostro torpore! Ma purtroppo non accade.

L’UE traballa, ma non è da sola. Un intero mondo sta crollando insieme ad essa. E’ il mondo di quelle certezze che hanno orientato la vostra politica, il pensiero unico di un centro-sinistra-destra che non a caso ha governato con geometrie variabili che hanno sfornato però le stesse politiche di fondo. Un blocco che gli elettori tendono, non a caso, a considerare come unico, separato e sovrastante la società. Questa è diventata la tanto decantata democrazia, che ora si vorrebbe devastare ulteriormente con il presidenzialismo (alias premierato), con la porcheria del regionalismo differenziato, intanto con il pieno controllo sulla magistratura. Come se la sua attuale subalternità ai potentati politici ed economici ancora non bastasse…

La conclusione è che occorre una svolta radicale. Una svolta che potrà venire solo da un profondo cambiamento politico, non solo da un banale cambio di governo.

Noi riteniamo decisiva l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea per porre le basi di una nuova sovranità nazionale, popolare e democratica! Ma quell’uscita non dovrà essere fine a sé stessa. Dobbiamo uscire per sganciarci dai meccanismi del neoliberismo e della globalizzazione, per venir fuori dal dominio della finanza, per ripensare il nostro Paese da cima a fondo. Una rivoluzione politica, certamente economica, ma che non potrà che essere anche sociale e culturale. Un rovesciamento della deriva attuale, con al centro una nuova visione della società e dello stesso essere umano, oggi messo sotto attacco dal modello cybercapitalista che sta venendo avanti.

Noi diciamo in breve: uscita, sganciamento, sovranità, vera democrazia, nuovo umanesimo! Voi direte: cosa c’entra tutto questo con la finanziaria? In realtà c’entra eccome, perché è il suo esatto contrario. E non parliamo della contrapposizione tra un presente da ragionieri di serie zeta ed un futuro fatto di irraggiungibili utopie.

Tradotta nell’immediato la nostra proposta è molto concreta: via questa ennesima finanziaria austeritaria, via le politiche di precarizzazione del lavoro, riforma fiscale improntata ad una nuova progressività ed all’abbattimento dell’Iva, nuova indicizzazione di salari e pensioni. E poi, nuovi decisi investimenti sulla sanità, la scuola, l’università!

Ma tutto ciò sarebbe ancora insufficiente senza nuovi piani per l’industria, l’agricoltura, l’energia. Piani da finanziare perché rispondenti al bene pubblico, non alle speculazioni del momento come siete soliti fare (vedi i casi del 110% e del Pnrr)! Piani basati su un vasto programma di nazionalizzazioni, a partire dalle banche, dall’energia, dalle telecomunicazioni e dai trasporti… Sì, avete capito bene: nazionalizzazioni! Ma niente di rivoluzionario in questo caso, che per il momento ci basterebbe tornare a Keynes e Mattei.

Siamo per le nazionalizzazioni perché vogliamo salvare l’economia italiana, per farla fuoriuscire da un declino altrimenti irreversibile. Si dovrebbe parlare, ma è solo un esempio, del disastro del settore automobilistico (che voi chiamate “automotive”). Ma non lo fa nessuno, forse perché dovremmo discutere dell’infatuazione trasversale che vi portò quasi ad adorare Marchionne un quindicennio fa! Una vera vergogna che vorreste cancellare.

Eppure, il disastro è sotto i vostri occhi. Nel 1970 (1970!) l’Italia produceva un milione e 850mila veicoli. Nel 2024, dopo il vostro servilismo nei confronti della famiglia Agnelli, siamo scesi a 591mila, mentre nei primi 8 mesi del 2025 siamo calati di un ulteriore 13,7%. Nel frattempo, la vituperata Slovacchia (5 milioni di abitanti) produceva l’anno scorso 995mila autoveicoli… Non ci sono parole!

Davanti a tutto questo, alla crescente deindustrializzazione del Paese, sembra quasi che la vostra idea sia quella della turistificazione dell’economia italiana, adottando un modello spagnolo fatto inevitabilmente di precarietà, bassi salari e povertà diffusa. Un modello che piace tanto sia alle multinazionali d’oltreoceano che alla Confindustria tedesca. Davvero siete servi due volte!

Noi non ci stiamo! Se le forze migliori del Paese si uniranno, potremo ancora uscire da un declino che è figlio delle politiche dominanti da quasi cinquant’anni. Quel declino che voi di fatto accettate, che solo vorreste accompagnare in modo da renderlo meno doloroso con cure palliative affinché nessuno insorga. Noi siamo invece per far risorgere la nostra società ed il Paese che continuate a governare, ma con un consenso sempre più basso.

Tenetevi la vostra finanziaria e le vostre discussioni da talk show! Noi preferiamo il linguaggio della verità, della chiarezza e dell’onestà.  

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