Avrebbe potuto essere la più grande iniziativa internazionale di solidarietà con il popolo palestinese mai organizzata. Ad una richiesta d’aiuto proveniente da Gaza, per comporre la Global March to Gaza (GMtG), hanno risposto da tutte le parti del pianeta. Cittadini di 54 paesi, che insieme al Convoglio di terra Sumud guidato dai tunisini, e coordinati con la Freedom Flotilla, avrebbero dovuto raggiungere il valico di Rafah con un’azione simbolica, pacifica e non violenta, per porre fine al disumano assedio e al blocco degli aiuti umanitari verso la Striscia.
Sappiamo come la Freedom Flotilla sia stata fermata in acque internazionali la notte del 9 giugno, e come anche il convoglio di terra Sumud (migliaia di cittadini partiti dal Marocco, dall’Algeria, dalla Tunisia) sia stato fermato a Sirte (nella Cirenaica di Haftar) la notte del 13 giugno.
La Global March to Gaza invece, che prevedeva una marcia simbolica di 47 km da Al Arish (distante 323 km dal Cairo) al valico di Rafah, non è riuscita neppure a partire, si è risolta in un’unica insolita giornata, quella del 13 giugno, con una serie di sit-in e manifestazioni improvvisate dai marcianti, fermati lungo la strada per ‘Ismāʿīliyya, bloccati, controllati, tenuti in balia delle forze dell’ordine egiziane, che già dal giorno precedente avevano iniziato ad espellere qualcuno non appena giunto al Cairo.
Tutto questo è stato risparmiato alla delegazione italiana, una delle più numerose con oltre 150 volontari, rimasti al chiuso degli alberghi, in attesa di ricevere notizie.
Come sia stato possibile ciò, è presto detto.

Il “merito” di aver lasciato marcire la delegazione italiana nei vari alberghi del Cairo affinché non marciasse in nessun caso, è tutto della portavoce italiana e delle sue yes women. Sin dal suo farsi avanti come portavoce, è riuscita, in barba a qualsiasi slancio solidaristico con il popolo palestinese, a convogliare e controllare, con dispotico dirigismo, lo spontaneismo che iniziative simili, nate dal basso, comportano. Ha tenuto in pugno tuti gli attivisti, espellendo ed estromettendo chi non le andava a genio o faceva troppe domande, e giunti al Cairo, arrivato il momento, ha letteralmente staccato la delegazione italiana dal resto del movimento internazionale senza alcuna logica spiegazione, facendo in modo che gli italiani non lasciassero la propria stanza d’albergo, semmai accusando gli altri portavoce internazionali di essere “pazzi, esagitati, irresponsabili”.
Certo, chiusi e sparpagliati nei diversi alberghi, gli attivisti, ricevuto l’ordine di non muoversi se non dopo cenno della portavoce, hanno obbedito non avendo piena contezza di quanto stesse accadendo, e appresolo, non tutti hanno bevuto acriticamente che si era agito per salvar loro la vita.

La portavoce ha agito in questo modo, e lo ha successivamente rivendicato, per non mettere in difficoltà le autorità dell’Egitto, come se questo non avesse già abbondantemente dimostrato di essere garante di stabilità per conto terzi, e di agire per sabotare la solidarietà col popolo palestinese e i gazawi in particolare.
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, del resto, auspicava apertamente che l’Egitto «impedisse ai manifestanti jihadisti di avvicinarsi a Rafah», definendo la Marcia una “provocazione” e “un pericolo per i soldati israeliani” oltre che per «il governo egiziano e altri governi arabi moderati nella regione».
Non destabilizzare l’Egitto, dunque. Questo era l’imperativo categorico non solo della portavoce italiana, ma anche di pseudo intellettuali nostrani che scrivono su pseudo giornali online o avvocati da strapazzo in cerca di gloria. In molti si chiedono legittimamente se dietro a questo servilismo non ci sia qualcosa di losco…
Ma vi pare normale credere che qualcuno progettava di creare caos in Egitto, addirittura con un appello internazionale e con gli attivisti da 54 paesi, in tanti casi inesperti ed ingenui, mossi da un senso di umana pietà per un popolo vittima di genocidio? Come è possibile credere che la GMtG fosse funzionale ad un regime change in Egitto?
Che dire? Abbiamo la conferma che certa gente non può essere conseguente nel suo sostegno alla causa palestinese, per il semplice motivo che la usa solo per guadagnarci su, e attraverso programmi e progetti di volontariato, aiuta nella creazione di avamposti occidentali in zone “calde”.
Nessun governo filo sionista potrà mai sufficientemente ripagare lo zelo dimostrato dalla portavoce della GMtG Italia e da chiunque si sia prestato a far da megafono a certe idee complottiste.
A loro va un plauso sentito anche dai sionisti nostrani, egiziani e israeliani.
Ma a loro vanno anche le pernacchie di quegli italiani che hanno disobbedito all’ordine ricevuto, prendendo la strada di ‘Ismāʿīliyya assieme a tutte le altre delegazioni internazionali.
CRONOSTORIA
La mattina del 13 giugno i portavoce internazionali della GMtG hanno dato appuntamento a tutti i marcianti in questo Ostello, il link di google maps era preceduto dal seguente messaggio delle 10:30 in lingua inglese:
«Buongiorno a tutti, vi ringraziamo per la pazienza. Oggi la prossima tappa di questo viaggio è dirigersi verso ‘Ismāʿīliyya. Lì c’è un campo dove ci incontreremo, dove tutte le delegazioni si congiungeranno e constateranno la loro solidità collettiva per la Palestina. Si prega di viaggiare in taxi in piccoli gruppi di 3 o 4 persone; il tempo di arrivo previsto è di circa 1 ora e 30 minuti. Chiediamo di arrivare tra le 13:30 e le 16:00. Stiamo ancora collaborando con il Ministero degli Esteri per definire i prossimi passi. Con solidarietà e speranza».
Seguivano questi messaggi: «Non dimenticatelo: le marce non autorizzate sono illegali. Ora ci stiamo incontrando tutti insieme solo per chiedere ufficialmente il via libera al governo. Non ci saranno marce non autorizzate. Ma ci saranno trattative serie. Ricordatelo, per favore»
e continuava:
«Il governo è autorizzato ad arrestarci se ci imponiamo senza il loro permesso. Siete tutti turisti fino al via libera».
Alle ore 12:24, mentre i marcianti si organizzavano per raggiungere il luogo indicato, viene pubblicato questo messaggio: «C’è un checkpoint e alcune persone sono bloccate. Rendiamolo visibile! Non siamo venuti qui per nasconderci in un hotel per una settimana. Per chi è bloccato, sedetevi e siate chiari sulla comunicazione: vogliamo chiedere il via libera ufficiale. Per chi ha superato il checkpoint, incontriamoci ad ‘Ismāʿīliyya. Vogliamo una risposta ufficiale dalle autorità. E QUESTO NON È ILLEGALE».
Si evince subito quello che stava accadendo: il governo egiziano non aveva mai dato né assenso né diniego alla Marcia, e i marcianti, giunti al Cairo, volevano solo incontrarsi per decidere come muoversi per ottenere finalmente una risposta ufficiale e pubblica sulla loro iniziativa, positiva o negativa che fosse.
Ma l’Egitto non ha permesso loro neppure di incontrarsi ad ‘Ismāʿīliyya, in un Ostello fuori dal centro storico della città, che non solo garantiva discrezione ma ad oltre 200 km da Al Arish offriva la certezza che non sarebbe partita nessuna Marcia non preventivamente autorizzata.
Israele comanda, l’Egitto ubbidisce, l’Italia si allinea grazie ai suoi servi.