Approvando il Manifesto in occasione dell’Assemblea nazionale per delegati (aprile 2023) eravamo consapevoli che esso mancava di indicare, posta l’analisi e la condanna del sistema cybercapitalistico addiveniente, quali dovessero essere — data la crisi irreversibile delle grandi ideologie politiche della modernità e visti i grandi sconvolgimenti storici che l’umanità si lascia alle spalle —, alternative visioni del mondo, dell’uomo e della società. Con queste tesi sull’Umanesimo Rivoluzionario, approvate dalla II. Assemblea nazionale pensiamo di aver almeno gettato le fondamenta di questo ambizioso progetto.
* Nell’immagine “Il pensatore e la donna seduta”, statuette in terracotta rinvenute e Dobrugia in Romania, risalenti al V millennio avanti Cristo.
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L’AVVENTO DEL CYBERCAPITALISMO
1a Tutte le civiltà umane hanno conosciuto la successione di differenti strutture sociali e diversi ordinamenti politico-statuali, differenti sistemi di pensiero. Quelle che non hanno avuto la capacità di trasformarsi sono state condannate all’estinzione. Tra tutte le civiltà quella capitalistica moderna è stata quella che ha conosciuto le più profonde metamorfosi, quella che come nessuna mai ha saputo superare crisi anche cataclismatiche, uscendone non solo più potente ma conservando pressoché invariata la sua propria struttura, la sua natura. Per definire questa congenita essenza mutante e adattativa si è ricorsi alla figura biologica dell’autopoiesi.
1b Dopo aver colonizzato anche il più sperduto angolo del pianeta la civiltà capitalistica, diventata civiltàmondo, è alle prese con una crisi esistenziale. Dal suo seno sono quindi sorte forze che si stanno disponendo a compiere un cambiamento imponente, il vero e proprio balzo di tigre verso il
CyberCapitalismo. Come abbiamo spiegato nel nostro Manifesto si tratta di un salto che potrebbe violare la stessa modalità autopoietica, innescando una catena di mutamenti che potrebbero intaccare l’essenza stessa del sistema capitalistico. Un salto giustificato da cause oggettive, ma perorato dal più potente soggetto mai apparso sulla scena, quelli che abbiamo chiamato i Padroni Universali, la super-classe transnazionale che domina e guida il mondo.
1c Sotto le mentite spoglie di un progresso luminoso e salvifico sta venendo alla luce un mostro, un sistema nel quale alla più estrema atomizzazione sociale corrisponderà la fine dello Stato moderno nella sua stessa forma liberal-democratica, la distopia di un mondo post-umano governato da macchine dotate di straordinaria potenza computazionale e predittiva ma prive di coscienza. Un mondo neo-feudale con in cima i Padroni Universali che immaginano di tramutarsi in una nuova classe-razza aristocratica che godrà di una rendita perpetua, sotto l’intera degradata umanità in stato di vassallaggio sociale e asservimento, un ammasso spersonalizzato di homuncoli che dovranno ubbidire alle macchine, da queste sempre rimpiazzabili. Nel mezzo la casta tecnocratica dei sacerdoti e degli scriba, preposti a narcotizzare i diseredati affinché venerino come sacri i feticci di uno scientismo riduzionista. All’apogeo del “progresso” tecnoscientifico si avranno il massimo delle diseguaglianze, dell’oppressione, dell’alienazione, del dispotismo, dunque il massimo del regresso.
1d Non siamo alla fine dei tempi ma al tempo della fine: se si affermerà il CyberCapitalismo sarà la fine dell’umanità così come ci è stata consegnata, martoriata da ingiustizie e conflitti, ma con l’uomo al centro, demiurgo politico del suo proprio mondo storico-sociale, artefice dei suoi miti, delle sue fedi, dei suoi fini — sarà la fine della storia come luogo dell’agire politico dell’uomo per dargli un senso. Sta avvenendo sotto i nostri occhi un vero e proprio cambio di civiltà che muterà da cima a fondo modi di vivere, lavorare, amare e pensare; cambio che rischia di diventare un vero e proprio salto di specie, che minaccia la stessa natura dell’essere umano, qualificata dal pensiero, dal libero arbitro, dal sentimento morale, dalla socievolezza, dalla pietas verso chi soffre, dal rifiuto delle ingiustizie, della tirannia, della menzogna. La potente ideologia che annuncia questa doppia svolta, sistemica e antropologica, è il TransUmanesimo, non per caso abbracciata dai Padroni Universali. Questa ideologia ha una forza contagiosa perché, oltre ad incarnare la loro nichilistica volontà di potenza, sfama l’atavico e folle sogno umano di diventare Dio per il totale dominio sul cosmo. Di qui l’approvazione entusiastica delle manipolazioni eugenetiche, di clonazioni e ibridazioni con l’intelligenza artificiale per finalmente fabbricare il superuomo.
1e Rimbomba il suono delle campane ad avvertire del pericolo incombente: l’umanità è chiamata a decidere, impedire questo parto o soccombere diventando altro da sé. Posto che l’avvento del
CyberCapitalismo sarà travagliato, foriero di imprevisti, di pericoli come pure di opportunità rivoluzionarie: chi e come quindi potrà fermarlo prima che sia troppo tardi? Per rispondere a queste domande occorre premettere due essenziali considerazioni. In primo luogo nessuna illusione che esso ci consegnerà bell’e pronto il soggetto antagonista, portatore per sua stessa natura di un sistema alternativo. Ciò che vedrà luce saranno forze sociali aurorali, informi, antagoniste solo potenzialmente, che quindi andranno aiutate a diventare esecutive. In secondo luogo occorre persuadersi che il CyberCapitalismo è sì un fenomeno sociale-materiale quindi con le sue contraddizioni interne ma, appunto, ideologico; va quindi combattuto sul piano ideologico per poter costruire e plasmare quella forza sociale e politica che sola potrà aggredirlo su quello reale-materiale colpendolo nei suoi punti deboli. Di contro ai Padroni Universali e alla loro ideologia Transumanista, opponiamo un’altra concezione dell’uomo, un’antitetica visione del mondo e della società. La madre di tutte le battaglie va condotta sul piano ideale, intellettuale e simbolico, senza tralasciare la sfera personale e spirituale. Non si sconfiggono idee sbagliate se non con idee giuste, non si esce dalla gabbia d’acciaio del CyberCapitalismo se non afferrando l’arma della verità.
NUOVO UMANESIMO VERSUS TRANSUMANESIMO
2a Davanti a questa svolta epocale l’umanità diventerà il finale campo di battaglia tra opposte e antiche forze, la sua anima sarà la posta in palio. Essa si scinderà, nelle forme molteplici che rispecchieranno i diversi contesti di civiltà e storico-sociali, in due opposti fronti: quelli dell’Umanesimo e dell’AntiUmanesimo, di cui l’ideologia Transumanista è metastasi. Questa considera l’uomo un automa biologico imperfetto in cui Libero Arbitrio, libertà, sentimenti morali, sarebbero mere illusioni essendo il risultato di incoscienti stimoli sensoriali e neuronali. Si tratta di una forma secolarizzata dell’antropologia pessimista che considera l’essere umano un animale segnato dal male e marchiato dal peccato che può produrre solo una società malvagia — e se ieri per redimersi ci si poteva affidare soltanto alla Grazia divina, oggi ci si potrà invece “potenziare” e affidare ai prodigi della TecnoScienza, all’infallibilità della cosiddetta “Intelligenza Artificiale”. Così, mentre la religione risolveva la tragica sensazione di inadeguatezza e insignificanza della vita con la promessa trascendente della vita eterna nell’al di là; il TransUmanesimo esibisce la sua propria messianica promessa di guadagnare, ma nell’al di qua, l’immortalità grazie ai dispositivi cibernetici. Siamo in presenza del più radicale materialismo immanentista. Quattro sono le principali ragioni che rendono l’ideologia TransUmanista davvero insidiosa: a) essa illude che la scienza e le ricerche siano neutrali, mentre sono segnate ab origine dagli scopi e dagli interessi dei Padroni Universali che le finanziano; b) essa nasconde diabolicamente la sua vera missione dietro una maschera buonista, giustificando come ordinarie pratiche terapeutiche funeste e intrusive manipolazioni del Dna e del cervello; c) essa inganna I cittadini con la falsa promessa di tecniche miracolose disponibili per tutti, quando invece – al di là della loro negatività antropologica – esse saranno disponibili solo per coloro che staranno in cima alla piramide sociale; d) essa infine, facendo leva sul lato individualistico ed egoistico dell’essere umano, promette di soddisfare ogni pulsione, ogni desiderio, anche i più insani, spacciandoli addirittura come fondamentali diritti umani.
2b L’Umanesimo ha radici profonde e difende l’idea per cui non esistono solo le leggi della necessità, esiste il campo delle possibilità, ciò che lascia spazio alla umana libertà. L’Umanesimo considera che l’essere umano ha innato un ontologico slancio verso la trascendenza, ad andare oltre i confini della realtà che gli si presentano come barriere al suo interiore e insopprimibile impulso alla libertà. È un essere dotato di Libero Arbitro che si dà dei valori morali, che usa il pensiero per porsi dei fini e quindi decide i mezzi per attuarli. L’Umanesimo ama l’essere umano, il suo far parte dell’organismo qual è la Terra in cui vive, quindi ne accetta anchela finitezza, il limite di essere biologicamente destinato alla morte, destino che non per questo toglie senso alla vita ma, al contrario, gli offre un valore incalcolabile, che dipende da quanto la singola persona e la comunità donano e lasciano in eredità ai propri cari come all’intera umanità. Così come gli umani delle passate generazioni, grazie a ingegno e lavoro hanno dato senso alla vita costruendo opere spirituali e materiali strepitose, essi possono e debbono anche immaginare ed edificare un ordine sociale e politico razionale e giusto.
2c La storia di ogni civiltà, a cominciare da quella occidentale, ha conosciuto il suo proprio Umanesimo. Di quello che a noi occidentali è stato lasciato in eredità accogliamo la ricchezza spirituale, la sua visione emancipativa dell’essere umano considerandolo non una monade individualistica ma Persona, entità strutturalmente comunitaria. Respingiamo invece, dell’umanesimo occidentale i suoi tratti di astrattismo impolitico disarmato, con il suo dogmatismo moralistico, spesso sfociato in ingenuo e irenico utopismo. Tranne che in rari casi esso non ha infatti saputo oltrepassare la forma di umanitarismo, di anelito culturale e spirituale, inchiodato sulla croce della coerenza morale tra fine e mezzi. Il fine non giustifica a priori qualsiasi mezzo, giustifica tuttavia quelli che si rivelano, nella concreta situazione, necessari per superare gli ostacoli che si oppongono alla libertà e all’emancipazione dell’umanità. C’è quindi bisogno di un Umanesimo combattente, c’è bisogno di vivificare e irrobustire l’Umanesimo fecondandolo con gli insegnamenti del Realismo Politico. Sulle radici di quello vecchio c’è bisogno di un Nuovo Umanesimo.
IL RITORNO DELLA POLITICA
3a Il CyberCapitalismo può assumere diverse forme ma una è la sua cifra essenziale, l’affidamento di quello che considera progresso alle potenze della tecnica, circoscrivendo in uno spazio residuale e subordinato l’intervento umano. In questo mondo macchinico non c’è quindi posto per la Politica, se per Politica non intendiamo mera amministrazione calcolistica dell’esistente ma attività spirituale e pratica che ha come oggetto il giusto ordine politico ovvero il migliore ordine sociale. Caratteristica essenziale del
CyberCapitalismo è infatti la totale de-politicizzazione della società. In questo senso esso opera un campo già arato da mezzo secolo di globalizzazione neoliberista e di Pensiero Postmoderno che hanno fatto diventare senso comune la fine di visioni sistematiche, la fine della verità, la fine della storia, la fine della rivoluzione. Il risultato velenoso è la credenza che tutto sia deciso ex ante dalle forze economiche e che la Politica, se non è addirittura inutile, sarebbe condannata ad intervenire solo ex post, a protezione della autonomia e della supremazia della sfera economica e del mercato. La meticolosa e ostinata opera di spoliticizzazione dei cittadini li ha da tempo trasformati in sudditi, e se hai sudditi non hai vita democratica ma solo la sua parvenza. Il processo di spoliticizzazione ha già superato la soglia oltre la quale la stessa Polis ha cessato di esistere lasciando il posto ad una smisurata e insensata atomizzazione.
3b Ogni opposizione sociale prende vita con una negazione, col rifiuto dell’ordine sociale vigente. Oggi non esiste ancora un’opposizione consapevole, all’altezza dei tempi, che cioè possa contrastare l’avvento del CyberCapitalismo. Ciò accade per due ragioni principali: il nuovo incipiente ordine si nasconde dietro il vecchio morente e non ha già preso definitiva forma, d’altra parte la velocità dei processi di mutazione della realtà sociale produce un paralizzante effetto di spaesamento che sfocia nell’indifferenza politica se non in un’egoistica insensibilità davanti alle infamie sociali. Le forze oppositive che hanno intuito il pericolo, sono deboli e confusionarie; figlie della destra e della sinistra moderne, pur in forme diverse, si attestano su posizioni di resistenza, di nostalgico rimpianto per un passato che non può tornare. C’è infine chi ha imboccato la via della fuga spiritualista dal mondo, comunitarista o individualista che sia. Va immaginata e costruita ex novo un’opposizione umanistica, nella consapevolezza che essa non può crescere e vincere se non diventa politica, forte di una coerente visione del mondo che sia effettuale programma di trasformazione sociale. Questa nuova opposizione non vedrà luce se non matureranno favorevoli condizioni materiali e spirituali, tra queste è preliminare che avvenga un grande ritorno della necessità della Politica, una vera e propria ri-politicizzazione di massa. Quali forme specifiche assumerà l’auspicato processo di ri-politicizzazione di massa non possiamo saperlo, certo è che se questa necessità non diventa possibilità, il CyberCapitalismo avrà vinto. Ciò di cui siamo incrollabilmente certi, come afferma il nostro Manifesto è che «gli esseri umani, se posti davanti alla scelta tra schiavitù e libertà, tra menzogna e verità, tra la morte e la vita, sempre sceglieranno la libertà, la verità e la vita». La metafora della “rana bollita” è solo una ninnananna per narcotizzare i popoli e giustificare l’apatia politica.
3c Compito della nostra organizzazione è quello di contribuire in maniera creativa al processo di ripoliticizzazione, nella consapevolezza che gli stessi educatori debbono essere educati, poiché agli educatori per primi è chiesto il sacrificio di una grande maturità spirituale e intellettuale. Dobbiamo essere una scuola di auto-formazione ed educazione politica. Fino a quando non spirerà il vento di un grande ritorno della Politica, fino a quando nella società prevarranno qualunquismo e individualismo, saremo destinati a marciare controcorrente come esigua minoranza. Servono tenacia e intelligenza. Sappiamo che non c’è alcuna corrispondenza tra i processi di ri- politicizzazione e la crescita della conflittualità sociale, né ogni conflitto crea un ambiente favorevole alla nostra opera di educazione politica all’insegna di una visione umanistica. Non disperderemo energie andando incontro ad ogni istanza contestativa. Le forze vanno utilizzate con oculatezza, gettate nella mischia ove vi sia una potenziale ma autentica capacità d’ascolto, ove s’intravedono concrete possibilità di agire come lievito, così da potere tentare di dare alla contestazione compiuta forma politica. Non c’è futuro per i movimenti di opposizione se gli umani che ne fanno parte non prendono piena coscienza della grande e spietata battaglia che li aspetta, se non accettano di trasformarsi, da sudditi arrabbiati in cittadini consapevoli, da attivisti improvvisati in militanti rivoluzionari.
3d Tutti i differenti tentativi di ottenere un ordine politico-sociale giusto sulla base del sistema capitalistico sono stati sconfitti. Ciò è dipeso dal fatto che esso è animato da un demone che può vivere solo in un ambiente fondato sull’egoismo, sull’individualismo proprietario, sulla competizione, sulla sopraffazione. Un demone a cui sono estranei i valori della bontà, della pietas, della fratellanza, dell’eguaglianza, della verace libertà. Il suo motto è infatti Homo homini lupus. Un sistema che fa del successo materiale, della ricchezza e della sua trasformazione in denaro, quindi della capacità di ottenerne il massimo la più grande delle virtù. E da dove viene la ricchezza? Essa non cade dal cielo come la manna ma proviene da due sole fonti: la natura e il lavoro umano, che il Capitale deve saccheggiare e sfruttare affinché gli procuri il massimo guadagno, la più alta valorizzazione. La madre di tutte le utopie, la più ingenua, è quella di pensare che possa diventare giusto ciò che è ingiusto per natura.
3e Siamo partiti dal fatto storico mondiale che il sistema capitalistico vive una crisi esistenziale e che da questa crisi sta venendo alla luce il CyberCapitalismo — per l’esattezza diversi CyberCapitalismi. È molto probabile che essi entreranno in conflitto tra loro, ciò offrirà finestre di opportunità alle forze oppositive che andranno utilizzate senza esitazione. Non sappiamo se ciò che sta nascendo sia destinato, col tempo, a diventare un sistema sociale nuovo di zecca, diverso dalle forme di capitalismo conosciute. Ciò che sappiamo è che, varcata una certa soglia, gli accrescimenti quantitativi producono inevitabilmente mutamenti qualitativi. Quale che sia l’approdo finale dei cambiamenti in atto, ciò di cui siamo sicuri è che dalle sue embrionali fattezze il CyberCapitalismo è più ingiusto, più dispotico, più alienante, più disumano di ciò che lo precede. Non vengono quindi meno le ragioni per opporvisi, a fortiori quelle per cambiare strada, per costruire un sistema sociale alternativo.
LA NOSTRA ALTERNATIVA DI SOCIETÀ
4a Per giustificare il loro sistema di oppressione sociale e spacciarlo come perenne, i dominanti di ogni tempo e di ogni latitudine, in nome di un volgare realismo, deprecano come “utopia” ogni idea di rivoluzione sociale e politica. In verità non ci sarebbe stato alcun progresso se chi ci ha preceduto non avesse previsto di oltrepassare la situazione esistente. Molte sono le “utopie” che alla fine si sono inverate a conferma che “bisogna volere l’impossibile, affinché l’impossibile accada”. Non condanniamo l’utopia bensì l’utopismo politico. Se si è rivelato utopistico costruire un ordine politico-sociale giusto sulla base del sistema capitalistico, non diversa sorte hanno subito i tentativi rivoluzionari di edificare società comunistiche. Si è fattualmente dimostrato come utopistico l’avvento del Paese della Cuccagna, una società che scomparsa ogni forma di scarsità e in virtù dell’abbondanza si sarebbe liberata del lavoro e però avrebbe appagato tutti i bisogni creandone anzi di nuovi e più grandi; che una volta scomparsi capitale, forma merce e mercato, l’integrale pianificazione economica avrebbe assicurato una gestione razionale e infallibile dell’economia; che una volta sparite le classi sociali e trionfato la piena eguaglianza sociale sarebbero dileguati conflitti e discordie; che Politica, Democrazia e Stato, diventati superflui, avrebbero anarchicamente lasciato il posto al finale regno della libertà. Non ci sarà mai il paradiso in Terra, una società di perfetta comunione e amore universale.
4b Meglio meno ma meglio. Non siamo utopisti, abbiamo però la grande ambizione di lasciarci alle spalle il capitalismo, a maggior ragione nella forma distopica e dispotica che viene assumendo. Una società con un giusto ordine politico, che solo in quanto giusto può ottenere l’adesione consapevole (non quindi la docile sottomissione) da parte dei cittadini. Un ordine che essi debbono sentire come proprio, ciò che implica un sistema che si nutra della loro consapevole partecipazione alle deliberazioni, che ponga in cima ai suoi scopi il benessere collettivo e il perfezionamento spirituale, intellettuale e morale della Persona. Un perfezionamento che, contrariamente a quello cibernetico, è il solo e vero “potenziamento”.Attraverso quali modalità e come potrà svolgersi questa partecipazione nel mondo che sta sopraggiungendo non lo si può stabilire in anticipo, ma non escludiamo che l’umanità, in futuro, ne scopra di nuove. È un fatto che tra quelle storicamente sperimentate la migliore, per quanto imperfetta, è quella democratica. Democrazia rappresentativa, partecipata o diretta? Le differenze tra queste modalità di esercizio della sovranità popolare non sono di sostanza ma di forma, la sostanza è data dall’intensità e dalla qualità della partecipazione attiva e cosciente dei cittadini alla vita politica della comunità. Non c’è alcun modello formale che possa supplire all’eventuale immaturità e/o indifferenza politiche della comunità ai suoi propri affari.
4c Non esiste alcun modello istituzionale che assicuri dal rischio che coloro che assumono su mandato popolare il compito di dirigere la comunità, utilizzino le loro posizioni per trasformarsi in un ceto dominante privilegiato che tende ad elevarsi al di sopra del popolo. La formazione di élite politiche è un fenomeno fisiologico che non si evita facendo gli scongiuri. I solo antidoti per evitare la sclerotizzazione élitaria consistono nella partecipazione dei cittadini alla vita politica, che essi godano del diritto di occupare funzioni pubbliche di ogni ordine e grado, che il mandato ad occupare queste funzioni sia revocabile e avvenga attraverso il procedimento democratico dell’elezione diretta. La democrazia è un referendum di tutti i giorni, e la democrazia sociale implica che la sovranità popolare sia non solo costituzionale ma costituente, in quanto l’edificio repubblicano è destinato a trasformarsi con l’evoluzione sociale. Se è difficile “trovare l’alba dentro l’imbrunire”, non ha fondamento l’idea che possa durare a lungo l’attuale narcolessia che paralizza il popolo. Una delle missioni di un soggetto politico come il nostro è appunto quello di risvegliarlo dal suo torpore indicandogli la strada della liberazione.
4d L’esperienza ha dimostrato che il sistema capitalistico, in tutte le sue versioni, vive un contrasto insolubile con la democrazia repubblicana. È democratica quella Repubblica ove la lotta ed i conflitti, ideali e politici, non siano esecrati ma considerati sua linfa vitale, ove la sovranità venga effettivamente esercitata dal popolo attraverso l’elezione diretta di rappresenti preposti ad esercitare la funzione di governare e dirigere gli organi dello Stato. Questo implica che le deliberazioni politiche siano adottate col concorso ed il consenso consapevole dei cittadini, che siano tutelate libertà d’espressione, di pensiero e di associazione, ed un’effettiva libera circolazione delle idee. Ciò non accade se i mezzi coi quali si plasma l’opinione pubblica sono nella esclusiva disponibilità della ristretta minoranza che ha capitali per possederli. Il capitalismo può tollerare solo una versione liberale, cioè formale e corrotta della democrazia; esso tende anzi, per sua stessa natura, a trasformarla in democrazia oligarchica, ove le principali decisioni politiche sono prima adottate nei cenacoli, spesso occulti, dei dominanti, e solo dopo validate dagli organismi istituzionali. Non può esserci un giusto ordine politico se la democrazia formale non è anche democrazia sostanziale, ovvero democrazia sociale, ove il popolo lavoratore abbia non solo il potere politico ma anche quello economico sociale. Non si tratta solo delle regole con cui adottare le decisioni politiche, e delle
forme con cui si esercita il potere e si governano gli inevitabili conflitti: c’è democrazia sociale ove il popolo può liberamente stabilire il cosa decidere.
4e La democrazia sociale implica quindi che la Politica sia autonoma e abbia effettivamente il posto di comando, che essa non si faccia guidare ma guidi il processo economico affinché prevalga il bene comune. È sociale la democrazia che tende al massimo di eguaglianza sociale possibile, che prevede perciò la democrazia economica, la coesistenza di diverse forme di proprietà: statale, privata, cooperativa, autogestita. Tra queste diverse forme possibili di proprietà dei mezzi di produzione e di distribuzione, quella pubblica dev’essere quella principale, la qual cosa implica la nazionalizzazione dei settori fondamentali e strategici dell’economia, tra cui la Banca centrale che avrà il monopolio dell’emissione monetaria.Non può esserci giustizia sociale ove dominante sia la proprietà capitalistica dei mezzi di produzione, ove cioè la produzione sia finalizzata a produrre merci per ottenere il massimo profitto. Quando sono i grandi monopoli capitalistici a decidere cosa e come produrre, quando si lascia al mercato come allocare le risorse e distribuire la ricchezza, prevarranno sia le diseguaglianze sociali sia un gravoso disordine economico. La democrazia sociale comporta quindi una oculata pianificazione economica, il diritto-dovere dello Stato di stabilire nelle linee generali cosa e come produrre, come distribuire le risorse e la ricchezza sociale così da ridurre al minimo le diseguaglianze. L’economia pianificata, anche in virtù della funzione trainante e inerziale dei grandi gruppi nazionalizzati, sarà dunque il settore prevalente rispetto a quello mercantile. Per contrastare ogni illecita esportazione di capitali e/o ricchezza finanziaria sarà istituito il monopolio del commercio e degli scambi con l’estero. Il risparmio sarà tutelato anche grazie al sistema bancario pubblico, per questo verrà proibita ogni forma di partecipazione speculativa nei mercati finanziari esteri.
4f Occorre considerare, tanto più siccome la sfera economica sarà posta sotto controllo e indirizzo pubblico, che la società non potrà fare a meno di utilizzare sia gli strumenti predittivi che la rivoluzione informatica mette a disposizione, sia molte delle tecnologie digitali e robotiche, facendo molta attenzione a che i lavoratori non siano protesi delle macchine e che il necessario ceto di tecnici e burocrati, non diventi una casta tecnocratica. È infine diritto-dovere dello Stato e dei lavoratori di avere loro delegati nei consigli di amministrazione delle grandi aziende che resteranno eventualmente in mani private affinché queste agiscano entro le coordinate sancite dal Piano e dallo Stato e non operino contro il bene comune a danno dell’interesse nazionale e collettivo. Non riforma o rivoluzione, ma riforme e rivoluzione, posto che senza una rivoluzione non potranno essere attuate le necessarie trasformazioni, ove il primo atto rivoluzionario dev’essere l’elezione di un’Assemblea Costituente che doni al popolo una nuova Costituzione che indichi l’architettura della Nuova Repubblica basata sulla Democrazia Sociale.
4g Ove si consideri lo Stato ciò che deve essere, lo strumento con cui il popolo esercita la sua propria sovranità e distribuisce i benefici della cooperazione sociale, esso sarà indispensabile alla comunità politica futura, considerandolo sia come insieme di organismi preposti all’amministrazione degli affari sociali, che come mezzo di autodifesa armata della comunità medesima dai suoi nemici esterni e interni. Di più, lo Stato ha una funzione etica di educatore in quanto esso deve promuovere lo sviluppo intellettuale e morale dei cittadini. Gli umani non possono diventare né esseri perfetti né santi ma è compito della comunità tenere a bada i fenomeni dell’egoismo proprietario, dell’avarizia, della sopraffazione. Una società senza regole e senza leggi non è mai esistita né potrà mai esistere. Non è l’osservanza delle leggi che realizza la giustizia, esse servono a difenderla. Dove vi sono regole e leggi vi sono sanzioni degli abusi e delle violazioni. Il tutto è diverso e superiore alla somma delle singole parti. La libertà non è senza confini, non può essere assoluta. Sarà contrastata l’ideologia libertaria per cui ogni pulsione, ogni bisogno, ogni desiderio, diventano diritti che meritano di essere realizzati, fino allo sperimentare su di sé non solo il cambio di genere ma pure il salto eugenetico di specie grazie all’ibridazione con le macchine. La ricerca tecno-scientifica va posta sotto diretto controllo pubblico, eticamente indirizzata, ogni decisione su ciò che è lecito e ciò che non lo è, va quindi sottoposta a dibattito pubblico proibendo ogni forma occulta e privatistica nel rispetto delle libere scelte terapeutiche. Non siamo né tecno-pessimisti né tecnoottimisti: vanno utilizzate tutte le tecnologie finalizzate all’emancipazione dell’essere umano, respinte tutte quelle che comportano soggezione e disumanizzazione. Nel nostro Manifesto ci siamo definiti “rivoluzionari conservatori”: non cancelliamo le tradizioni consegnateci dall’umanesimo e dalla storia, respingiamo tutte quelle che calpestano la dignità e la libertà umane. Spetta alla comunità decidere ciò che è eticamente lecito, ciò che la comunità stessa considera giusto o sbagliato. Come? Sottoponendo a dibattito pubblico ogni decisione, al Parlamento, che chiameremo Assemblea nazionale, eletta a suffragio universale e con sistema proporzionale, recepire l’opinione della maggioranza dei cittadini e, come sulle altre questioni, legiferare.
4h Un compiuto universalismo, un’armonica associazione mondiale di civiltà, popoli e nazioni, è certo una possibilità. Se non è giusto escludere la speranza di un compiuto affratellamento dell’umanità, sarebbe sbagliato non vederne gli ostacoli che a tutt’oggi appaiono insormontabili. Tra i due poli ideali della totale fusione in un’unica civiltà politica globale e del nazionalismo xenofobo (matrice ideologica di ogni imperialismo), esiste la dimensione della necessità, che consente multiformi pratiche e modalità di coesistenza e collaborazione tra popoli e nazioni sovrane. Tra la pace perpetua e la guerra permanente c’è lo spazio politico d’azione della Nuova Repubblica Italiana, popolare e sovrana. La sua prima titanica sfida esistenziale è quella di liberarsi definitivamente dalle catene dell’impero americano, dell’Unione europea e della NATO. Senza questa piena autodeterminazione nazionale non ci sarà né Nuova Repubblica né Democrazia Sociale. Solo dopo, posto che nessuna autarchia è per l’Italia praticabile, si decideranno le forme della cooperazione e del reciproco soccorso con altre nazioni sorelle, e le forme di reciproco e vantaggioso scambio con quelle amiche, le relazioni con quelle nemiche.
La transizione, la strada che condurrà il nostro Paese alla piena liberazione ed a divenire Nuova Repubblica, potrebbe non essere pacifica. Periremo ancor prima di raggiungere la meta se non avessimo consapevolezza dei rischi che troveremo sulla strada della rivoluzione democratica, che i nostri nemici useranno in ogni modo di fermarci. Un popolo si da una personalità storica e diventa sovrano solo in battaglia. Il nostro non vuole essere un umanesimo vile e disarmato. Ove i suoi nemici esterni ed interni mettessero in gioco l’esistenza stessa della Nuova Repubblica, questa dovrà difendersi con ogni mezzo.Come è un dovere togliere ad un assassino la sua libertà di uccidere un innocente, così non si concede ai nemici il diritto di annientarci per poter tornare ad opprimere il popolo e la nazione. Come recita il nostro Manifesto «I Padroni Universali hanno una strategia? Opporremo la nostra. Hanno mezzi? Ce ne daremo di nostri. Agiscono in blocco nonostante le loro differenze? Noi pure. Hanno un centro di comando? Avremo il nostro. Non si fanno scrupoli? Noi neanche».