INSEGNARE A CHI? di Floriana Balducci

PROFESSORESSA ANZIANA ETERO COMUNISTA STUFA DI VIVERE NEL MONDO LIBERO

Il titolo è l’incipit della riflessione che segue. E che tratta degli esami di maturità, anzi esami di Stato. Maturità è infatti parola desueta e come minimo inesatta a definire questa pantomima nazionalscolastica di inizio  estate, in cui magicamente si ri-parla di scuola, di  studenti, dei problemi di diplomi e diplomifici; a cui  seguirà dibattito di esperti non si sa di che di preciso, ma di esperti così siamo avvezzi specie in era post covid, sugli argomenti della prima prova, un tempo temi di italiano; con tanto di rapide quanto inutilmente ovvie interviste ai poveretti che hanno sforzato le meningi nell’impresa di dire qualcosa di originale su poeti, sempre quelli, scienzati, meglio se donne ed ebree, cataclismi possibili con l’uso del nucleare.

Scusate il tono acido e saputello usato da una anziana, anzi vecchia, parola politicamente scorretta se non superi i novanta anni, etero, nonché comunista, e per di più, mai pentita della scelta di campo compiuta 50 anni fa, al tempo in cui esisteva la classe operaia, ora estinta, e il problema sociale, sai quello che divide il mondo in ricchi e poveri, era al centro del dibattito politico nazionale ed internazionale; se eri gay erano allora fatti tuoi, operaio o padrone che tu fossi. Non marciavi per tutto giugno qua e là per l’Europa libera rivendicando 26 generi sessuali diversi, men che meno guidati da leader politici diversamente belli e diversamente carismatici.

Giugno era il mese della maturità, dello studio “matto e disperatissimo”, dei frullati energetici di mamme e nonne apprensive, dei patemi d’animo, che preludeva al primo luglio, giorno della prova di Italiano. Quel giorno nei licei e negli istituti arrivavano frotte di ragazzi che avevano sostituito i jeans con vestiti, di ragazze in abito da donna, di professori in giacca e cravatta dall’aria severa e PREPARATI. Alcuni con fama di carogna, altri no, comunque preparati.

Qui vi voglio: preparati. Sapevano la letteratura, la storia, la filosofia, la matematica, la fisica e spesso le sapevano insegnare egregiamente. Non posso parlare delle materie di area tecnico/professionale: sono una dinosaura uscita dal liceo classico, molto orgogliosa di questo per giunta.

Sarà stata fortuna, ma i miei professori, carogne spesso, come no, non insegnavano però solo letteratura o storia dell’800, bensì spiegavano! Sai, quella cosa che non limita il ruolo di prof. a:  “sottolineate da pagina a pagina”? Per esempio, io già allora sapevo che Montale non solo era un comune vicino a Pistoia, ma anche un poeta premio Nobel. Che dopo la seconda guerra mondiale erano esistiti altri conflitti in nome della libertàh made in Usa, tipo Corea, Vietnam, ecc ecc, e che a Cuba c’era stato uno strano episodio tra americani e russi di cui si diceva che i primi avevano salvato la terra dalla terza guerra mondiale.

Nessuno metteva allora in dubbio che erano stati i sovietici a liberare Auschwitz, non gli yankees, come racconta Benigni. Le carogne proff. provavano anche che l’Italia era sì una repubblica fondata sul lavoro ma sulla dipendenza dagli Usa. Fortuna di vivere vicino a Camp Darby? Anche. Ma fortuna di avere professori critici, preparati, e, pure, sessantottini. Che rispettavano la Costituzione e applicavano l’articolo 33 e 34 sulla libertà dell’insegnamento. Ci spingevano al confronto nei dibattiti in classe, nelle assemblee di istituto, ridotte ora alla proiezione di film più o meno noiosi, tra lo sgranocchiare fragoroso di pop corn e lampi di schermi telefonici.

EH… Cambiano i tempi. Scusa sempre valida a giustificare ogni nefandezza. I tempi sono cambiati dagli uomini in realtà, lo sappiamo bene, ma fa comodo essere di memoria corta. All’epoca marciavamo contro la guerra, ora sono subentrati gli incitamenti alla guerra: scannarsi è giustificato se per difendere i valori dell’Occidente, inteso come anglosassone neocolonialista e sionista.

Genocidio adesso è parola da usare solo per il popolo ebreo, senatrice Segre docet. Non si applica per gli armeni trucidati dai turchi negli anni dieci, né per i palestinesi di oggi.  Oggi è ovvio per tutti o quasi sostenere che il terrorismo va abbattuto, se musulmano, con ogni mezzo, perché i popoli del Maghreb e zone limitrofe, spinti da crudeltà genetica, non da fame (è una fake, quella della fame), altrimenti opereranno la “sostituzione etnica” anche del non purissimo sangue italiano, come paventato da illustri idioti ora ministri. 

Qualcuno parla di Patria. Ma a quale Patria ci si riferisce? A quella che dovrebbe essere tenuta insieme dai principi, sempre più vilipesi, della Costituzione del 1948, o quella che oggi molti identificano con l’Europa (vedi Mattarella) e con la Nato? Ma perché dovremmo difendere quell’Europa che manda i missili all’Ucraina, quella che ci ha regalato in un secolo due guerre, di quelle grandi, e altre più piccole semi sconosciute ai più anche se in paesi confinanti con la Patria italica? 

Dobbiamo difenderci da Putin, il dittatore russo sanguinario, in primis, che passa il tempo progettando al Cremlino invasioni di paesi europei fino al Portogallo, ci racconta serio serio il giornalista spettinato Severgnini.  Salvo smentita. Non avevamo capito bene. Dittatore eletto, ma si sa, i russi sono infidi, avvelenatori seriali e in milioni di Q. I. scarso. Un po’ primitivi, alla faccia di Tolstoi, Cechov.  

In questa sagra della bufala via media, tv, stampa, come possono giovani docenti non sempre ben preparati, educare allievi? Docenti che frettolosamente superano concorsi online, che dalle scuole medie e da classi di concorso per scuole di primo grado possono accedere senza soluzione di continuità a quelle di secondo grado privi di competenze didattiche e contenutistiche adeguate. Un esempio: docenti di lettere con concorso superato per la scuola media accedono agli istituti superiori dopo pochi anni. Docenti di materie letterarie che dovrebbero e lo fanno poco e male insegnare la storia, disciplina fondamentale per la cultura e la formazione che con le lettere nulla ha a che fare. 

Senza parlare della competenza di ministri/e che si dilettano con banchi a rotelle comprati nella foga della lotta contro il virus assassino. Ministri che straparlano di Dante Alighieri come padre della Destra attuale. A proposito di senso storico. E cronologico.

Occorre fare affidamento solo sulla preparazione e la buona volontà del singolo docente? Il quale, con stipendio di 1300 euro al primo incarico e magari lavorando a 500 kilometri da casa, trovi nel suo intimo il sacro fuoco dell’educatore, la voglia roussoiana di plasmare con l’adolescente stracotto da abuso di cellulari, chat, social, whatsapp, che ha di fronte, un nuovo giovane Emile?

Mentre i coetanei “furbi” del suddetto giovane prof., senza laurea in storia, filosofia, lettere, bensì, che so, in scienze della comunicazione e simili si sistemano con stipendi dignitosi in aziende ditte e società private.

I trentenni che si dedicano svogliatamente, e lo capisco, all’insegnamento, sono allora spesso impreparati, presuntuosi, non empatici, non hanno idea di chi sia ‘sto Rousseau. Usano la scuola come un bancomat, secondo la celebre espressione di una mia giovane ex collega pronunciata in presenza della sottoscritta, che non usò la violenza di un cazzotto sulla sua giovane bocca solo per decenza. Ex collega che peraltro ora, grazie alle raccomandazioni di un amico onorevole, lavora a Roma, la Capitale.

Gli allievi avvertono questo corto circuito educativo e lo combattono a modo loro, non studiando, non approfondendo, sicuri come sono che il gesto di clemenza attesa, la promozione regalata tappa buchi arriverà. Tutti felici: professori, alunni, genitori che non avranno le vacanze rovinate da ripetizioni costose. 

Può tutto questo spiegare almeno in parte il fallimento educativo e didattico di una scuola, un tempo tra le migliori di Europa, che sforna da alcuni anni giovani impreparati, disillusi, disinteressati anche alla realtà in cui vivono? Che non vanno a votare per le elezioni, che non credono alle baggianate di destra e di sinistra, che ammirano spesso felloni ignoranti prestati alla politica come il sindaco di Terni, e preferiscono ai docenti veri noiosi e che educano chi non fa pensare e scodella verità facili, semplici, non sospettando neppure che la ricerca della verità è affare che impegna tutta la vita. I giovani sempre di più credono che col denaro si compra tutto, che solo chi HA E’, disprezzano come poveracci, e falliti ì professori veri e quanti fanno politica non per far carriera, ma perché credono che il mondo, questo nostro occidentale, grasso, sguaiato vada cancellato. Io mi auguro che accada, per me e per i giovani in cui nonostante tutto voglio ancora credere.

2 pensieri riguardo “INSEGNARE A CHI? di Floriana Balducci

  1. …al solito….amara e doverosa riflessione…anche io come vecchia insegnante, seppure di materie scientifiche, non posso che condividere quanto scritto dalla collega
    Con amarezza penso ai miei nipoti e incrocio le dita perché non so cosa altro potrei fare…

  2. Cara la “mia” prof., sono un insegnante, ex visto che sono pensionato, di un liceo artistico, se il tuo approccio alle conoscenze di materie come filosofia, storia, letteratura ne dimostrano la inadeguatezza di docenti e studenti, puoi star certa che ciò accade anche per altre forme di sapere. Mi riferisco a quello artistico. Fatto salvo le eccezioni “eroiche”, anche in questo ambito, le conoscenze e le applicazioni di queste, si sono “liquefatte”, diventate imperscrutabili ai più e, l’insegnamento, diventa una forma di bricolage più che esperienza artistico-creativa. Ed anche qui la storia, la genesi delle ricerche, la pratica esperienziale è accessoria quanto inutile. L’arte che è conflitto, lotta, visione, progettualità, decodifica, conoscenza, elaborazione, sperimentazione, diventa estasi contemplativa, quando va bene, e soprattutto con un accento individualistico e separato da tutto il resto. “Prendete un po di qua e un po di la, sbezzicate su Facebook, fatevi una vostra idea, questo il modo per essere personali e creativi”…. una giovane collega che impartiva “istruzioni” agli studenti. Sono “dialettico” e sono convinto che anche dalle macerie possa nascere qualcosa di buono e nuovo. Non so se riuscirò a vederlo.

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