Sono siciliana, la mia infanzia e la mia adolescenza sono state legate all’acqua.
Acqua accumulata nei serbatoi cisterna (di eternit), poco piovana e perlopiù comprata.
Le autobotti arrivavano a Vittoria due volte la settimana e cercavamo di accumularla e razionarla.
Per bere e cucinare, andavamo settimanalmente, come un rito, a riempire taniche e bottiglie alle poche fontane delle colline degli Iblei.
Sapevamo cosa fosse la mancanza d’acqua per esperienza e non solo dalle simpatiche scenette descritte da Camilleri, nelle sue narrazioni di un Montalbano in guerra perenne con le docce finite a metà e il corpo rimasto insaponato.
Ma non era la siccità a preoccuparci: sapevamo benissimo anche allora che le condotte idriche venivano bucate e sistematicamente deviate dalla mafia: la stessa criminalità organizzata con i colletti bianchi ci vendeva l’acqua.
E fu fin da piccola che maturai la coscienza che l’acqua è un bene essenziale, primario, che non può e non deve essere venduta e privatizzata.
Eppure, oggi imperversa la sterile, direi arida, polemica sulla siccità al Sud, evidenziata dalla piccata risposta del ministro al turismo Santanchè all’allarme lanciato dal NYT, che “prevede un calo del turismo”: cioè che invita a disdire le prenotazioni al Sud Italia per le vacanze estive.
Eppure, la Sicilia aveva presentato ben 32 progetti idrici nell’ambito del PNRR, quando era ancora governatore Musumeci, che oggi, da ministro “per la protezione civile e le politiche del mare dell’Italia”, lamenta che solo il 30% dei fondi stanziati in totale è stato speso..
Bocciati 31 su 32 progetti idrici, presentati dal Dipartimento regionale Agricoltura. Commissariata l’ATI, Assemblea Territoriale Idrica in tutte le province, Musumeci, come i suoi predecessori, (tutti, nessuno escluso), non ha mai affrontato in modo strutturale quello che non si può assolutamente gestire in maniera emergenziale.
Basterebbe, forse, un piano, serio, una volta per tutte, che coordinasse tutte le competenze che devono essere coinvolte.
E non facesse gridare alla siccità ogni volta, addebitandola al cambiamento climatico.
Dalla proposta, bocciata, di Ilaria Fontana nella precedente legislatura:
- disciplinare gli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici nei distretti idrografici presso le Autorità di bacino, ad oggi affidati a protocolli d’intesa e pertanto costituiti solo come strutture operative volontarie e di tipo sussidiario, a supporto della gestione delle risorse idriche nel distretto idrografico.
- operazioni mirate sui sistemi di approvvigionamento, trattamento, stoccaggio e trasporto della risorsa idrica: interventi sulle infrastrutture, attuazione di programmi di recupero delle perdite idriche, aggiornamento e attuazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi)
- istituire un catasto a scala distrettuale, interconnesso con i catasti regionali, delle utilizzazioni delle acque pubbliche, contenente: punti di prelievo e punti di restituzione, valori di portata concessi, periodo di prelievo, tipologia di uso, scadenza dei titoli, acquisizione, in tempo reale, delle misurazioni dei prelievi e delle restituzioni.
Questa mappatura consentirebbe finalmente di conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e, quindi , poter assumere decisioni per la gestione dell’eventuale emergenza da parte degli organi della Protezione civile e delle altre autorità competenti coinvolte.
- rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati e di altri elementi inquinanti nelle acque potabili erogate, consentendo un’adeguata informazione ai cittadini ed il costante monitoraggio della qualità delle acque.
- ampliare la capacità di depurazione e favorire la transizione ecologica verso un modello di gestione delle acque reflue basato sui principi di economia circolare
Nel settore agricolo il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un potenziale rilevante, quantificabile in 9 miliardi di metri cubi all’anno, sfruttato solo per il 5% ossia 475 milioni di metri cubi.
- promuovere tecnologie che consentano di conservare la risorsa idrica mediante lo stoccaggio delle acque piovane in cisterne e/o nel sottosuolo, rendendole meno soggette a fenomeni evaporativi resi più intensi dall’aumento delle temperature.
- ridurre prelievi e captazioni da parte dei concessionari delle acque minerali nelle aree in cui la crisi idrica si presenti critica.
Fonte: L’Antidiplomatico