A tre anni dal Green pass e ad un mese dall’assemblea dell’OMS
di Fronte del Dissenso
Esattamente tre anni fa, il 16 maggio 2021, nasceva il Green pass, l’odiosa carta della discriminazione vaccinale voluta dal governo Draghi. All’inizio il suo uso ci venne presentato come limitato, volto più che altro a facilitare gli spostamenti tra regioni “rosse” ed “arancioni”. Ma non ci volle molto a capire che quello era solo un primo passo, tant’è che già nelle settimane successive organizzammo, come Fronte del Dissenso, le prime manifestazioni di protesta.
In estate ci fu infatti il prevedibile salto di qualità. Basato sul famoso «non ti vaccini, ti ammali muori; oppure ti ammali, contagi e fai morire» pronunciato da Mario Draghi il 22 luglio, il Green pass divenne obbligatorio per accedere alle strutture sanitarie e per partecipare a feste, fiere, eventi sportivi, spettacoli, matrimoni, cerimonie civili e religiose. Agli inizi di agosto il lasciapassare venne introdotto nei ristoranti, nei bar, nelle palestre, nei cinema e nei teatri. A settembre fu la volta della scuola, mentre il 15 ottobre l’obbligo venne esteso a tutti i lavoratori.
Furono quelli i mesi delle grandi mobilitazioni di massa di chi non intendeva piegarsi alla dittatura sanitaria imposta con l’Operazione Covid. E proprio in quei mesi cominciarono ad accumularsi le notizie sugli effetti avversi del vaccino, mentre palese diventava la sua inefficacia nella prevenzione dei contagi.
Bisognerà attendere il 1° maggio 2022 per tornare al lavoro senza la carta della vergogna, il 31 dicembre di quell’anno per gli addetti alla sanità. Ma nei sei mesi del Green pass generalizzato, Draghi pensò bene di introdurre un’altra infamia: quella dell’obbligo vaccinale per gli over 50, pena la nota sanzione di euro 100.
Sono dunque trascorsi due anni dalla fine del Green Pass e – contrariamente a chi prevedeva una sorta di “vaccinazione infinita” – ormai per il Covid non si vaccina più nessuno, mentre sono in calo le stesse vaccinazioni anti-influenzali. Anche se non lo ammetteranno mai, i sostenitori dei vaccini ad ogni costo hanno subito un’evidente sconfitta. Ed il crollo della loro credibilità non sarà facile da recuperare.
Questo non significa che l’Operazione Covid non abbia conseguito risultati. Dal punto di vista di chi l’ha promossa – la cupola tecnocratica che immagina e teorizza il futuro distopico della società del controllo, della medicalizzazione integrale e dell’ibridazione uomo-macchina – i risultati ci sono stati eccome. Uno su tutti, l’esito della sperimentazione della paura come decisivo fattore di controllo sociale; un’arma assai utile specie in tempi di guerra.
Sperimentale, come noto, è stato anche il vaccino, i cui danni sono stati ancora più gravi in considerazione dell’assoluta inefficacia nel prevenire la diffusione del contagio. Di fronte a queste evidenze la scelta della vaccinazione obbligatoria è stata semplicemente criminale, figlia (oltre che degli interessi) della visione ciecamente tecnocratica di chi l’ha imposta.
Ma, com’era prevedibile (cane non mangia cane) i responsabili di questo crimine non pagheranno per le loro colpe. Il 4 aprile scorso, il Tribunale dei ministri di Roma ha infatti archiviato il procedimento a carico di Roberto Speranza, tristemente noto ministro della Salute all’epoca dei fatti. Lo ha fatto a dispetto dell’impressionante mole di materiale probatorio raccolto dai denuncianti. Ma Speranza (denunciato insieme al direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini) non è certo l’unico responsabile del disastro vaccinale. Basti pensare al ruolo avuto da Draghi a livello nazionale e da Ursula von der Leyen a quello europeo.
Da quel che risulta dalla stampa, Speranza avrebbe dichiarato al Tribunale dei ministri di essere stato «a conoscenza del fatto che un evento avverso su cinque di quelli segnalati ad Aifa era grave, gravissimo o addirittura mortale». Nonostante questa ammissione, la “giustizia” di regime l’ha prosciolto.
I suoi difensori mostrano i dati dell’Aifa sugli effetti avversi come la prova della bontà del vaccino, mentre sono proprio questi dati ad inchiodare definitivamente i vaccinisti alle loro responsabilità. Secondo il rapporto n° 14 dell’Aifa, relativo al periodo 27 dicembre 2020 – 26 dicembre 2022, le reazioni avverse segnalate (dunque non tutte) sarebbero state 140.595 su un totale di 144 milioni di dosi somministrate. L’81,3% di queste reazioni è stata classificata come non grave, il 18,7% come grave. E tra questi casi si contano ben 971 decessi. Queste cifre, per quanto terribili, sono ancora incomplete e sottostimate, visto che nel caso del Covid si è applicata la farmacovigilanza passiva anziché quella attiva.
Non solo. Mentre alcuni studi hanno dimostrato che la protezione vaccinale diventa negativa (cioè, i vaccinati si ammalano di più dei non vaccinati) dopo poche settimane dall’inoculo, la portata degli effetti avversi a medio e lungo termine è tutta da scoprire. Quella a breve viene invece ammessa sempre più spesso, come nel caso delle miocarditi e delle trombosi correlate al vaccino AstraZeneca, senza che questo dia luogo, però, ad una riflessione pubblica su quanto accaduto.
Ora, è vero che ogni farmaco ha i suoi effetti avversi. Ma qui siamo di fronte ad un vaccino non sperimentato ed inutile, di fatto un “non vaccino”, imposto con una campagna terroristica e con leggi coercitive senza precedenti. I danni fatti in questo modo alla salute delle persone non hanno perciò giustificazione alcuna. E se i colpevoli si salveranno senz’altro dalla condanna penale, quella politica non potrà che essere eterna.
Oggi i vaccinisti sono in difficoltà, ma senza dubbio proveranno a rialzare la testa. Il governo Meloni lo ha già fatto con la bozza del nuovo “piano anti-pandemico 2024-2028”, presentata a gennaio e poi prudentemente ritirata dopo le proteste che aveva suscitato. Quella bozza, non solo non conteneva nessuna riflessione sulla fallimentare gestione del Covid, ma riproponeva il vaccino (quale non si sa) come la soluzione di ogni nuova ed imprevedibile pandemia. Ancora più pericolosa l’iniziativa dell’OMS, tesa a trasformare i suoi poteri di indirizzo in obblighi generalizzati per gli Stati.
In questo momento anche il progetto dell’OMS, che si riunirà a Ginevra a fine maggio, sembra in difficoltà. Il passaggio dalla globalizzazione (più o meno pacifica), alla guerra dispiegata, ha evidentemente le sue conseguenze. Questo non significa, però, che il progetto dell’oligarchia transnazionale, che mira dritto all’accentramento di un potere tecnocratico in grado di marciare verso il futuro del transumanesimo, sia morto e sepolto.
Le politiche emergenzialiste vengono rilanciate non per caso. E’ questo il modo per trasformare i cittadini in sudditi, per annientare la democrazia delegando ogni potere ad una tecnocrazia sposata al potere finanziario. Ma, specie in questo momento, è soprattutto il modo di prepararli alla guerra, come anche l’ultimo documento approvato dal Consiglio europeo ci dimostra.
Proprio per questo il Fronte del Dissenso ha contribuito con decisione alla giornata di mobilitazione del 16 marzo scorso, contro il governo e l’OMS. Per questo chiediamo la riscrittura del piano anti-pandemico nazionale e una posizione chiara dell’Italia in vista dell’incontro di Ginevra, con un NO netto alle pretese dell’OMS a difesa dei diritti umani e della sovranità nazionale.
Fronte del Dissenso – 1° maggio 2024